ECCO COS’E’ UNA “BLACK LIST”

Dai tempi dell’introduzione della tessera del tifoso, pende come una spada di Damocle sulle teste degli ultras questa famigerata ed equivoca “Black list”, una sorta di lista di proscrizione che risveglia i ricordi delle peggiori dittature, in pratica un’estensione all’infinito della pena per quei soggetti, come gli ultras, più sgraditi al sistema calcio. Leggiamo quel che succede in Svizzera con “Hoogan”, la loro black list, e teniamo sveglie le coscienze.

A fine gennaio erano 1294 le persone iscritte nel database “Hoogan”, la black list svizzera i cui “hooligans” iscritti non possono accedere allo stadio o al palazzetto a tempo indeterminato. Rispetto a due anni fa, 100 in più le persone che ci sono finite invischiate. L’iscrizione in questo registro avviene a seguito di sanzioni per comportamenti violenti nel contesto di manifestazioni sportive. Ma in realtà sono davvero tutti violenti e pazzi scatenati quelli che son finiti nella rete di Hoogan?

Come la rivista “Beobachter” scrive nel suo ultimo numero, andrebbe ridotto il numero dei veri responsabili di violenza che è di gran lunga inferiore ai 1294 registrati nel database. Il motivo? I nominativi vengono salvati nel registro a seguito – come detto – di comportamenti violenti che vengono sanzionati con misure restrittive grosso modo paragonabili al nostro Daspo. Il problema di fondo è che anche dopo la scadenza di tali misure, i destinatari delle stesse restano iscritti nel registro per altri tre anni. Non vi ricorda niente? Non vi sembra così familiarmente uguale a quel “che non abbiano ricevuto condanne per reati da stadio (anche in via non definitiva) negli ultimi 5 anni” che qua da noi ancora vige per via di quel maledetto articolo 9?
Attualmente le misure realmente in esecuzione coinvolgono 519 cittadini, è quel che ha annunciato l’Ufficio Federale di Polizia. Da 519 a 1294 non c’è un po’ troppa differenza? Non puzza un po’ troppo di “Fine pena mai”? Mettiamola sull’economico per intenderci: cosa direbbe un “normale cittadino” se dopo aver pagato fino all’ultima rata il suo fottuto mutuo, se ne uscissero pretendendo un prolungamento dei pagamenti senza ragione alcuna? Si griderebbe istericamente allo scandalo, si parlerebbe di ignobile dittatura (economica in quel caso), però quando tocca agli altri, ai “reietti” della società, allora va bene tutto, vale qualsiasi negazione dei diritti più basilari. Pazienza se poi il prototipo di “reietto” sia costruito ad arte, sul luogo comune propugnato dagli stessi soggetti che poi usando quel “disadattato” come vettore, inoculano il veleno dell’anti-democrazia nella società che intendono controllare. Lamentatevi poi poco, cari signori, se non ve n’è fottuto niente quando negavano diritti agli ultras, lamentatevi poco se vi smanganellano alla protesta per riavere il sussidio di accompagnamento per il congiunto handicappato o addirittura alla fila per acquistare il biglietto del concerto. Prendetevi le vostre mazzate nella faccia e zitti, perché è questo che merita chi non difende la libertà, fosse anche del ultimo cittadino sulla faccia delle vostre città. Se mai sia lecito parlare di primi o ultimi quando si parla di diritti.

Tornando alla Svizzera e a “Hoogan”, le persone ivi iscritte non sono necessariamente persone violente. Sempre più misure sono comminate sul pronunciamento di reati minori quali la resistenza, l’oltraggio, ecc. Non di rado anche i tifosi che non hanno mai fatto niente di male possono finire in Hoogan. “Diversi innocenti sono regolarmente finiti ed archiviati nel database”, dice a “Beobachter” Manuela Schiller, avvocato che rappresenta spesso i tifosi nelle loro cause.


La presunzione di innocenza non si applica

A differenza del diritto penale chi è registrato iHoogan deve battersi per dimostrare la sua innocenza, la presunzione di innocenza non si applica. Solo allora, dopo aver dimostrato la propria estraneità ai fatti, si può essere eliminati da questa odiosa lista. E la soglia per finirci iscritti senz’appello è molto bassa: costituiscono “prove credibili” della colpevolezza o uno “Stadtionverbot”, il divieto d’accesso allo stadio, o persino una segnalazione o una denuncia del personale di sicurezza, sia esso di polizia o steward dei club.

E anche una sentenza di assoluzione in un procedimento penale non necessariamente porta ad una cancellazione della propria voce dal registro. Lunghi processi sarebbero richiesti per dar seguito a ciò, ma in molti accusano di non potersi permettersi un tale processo, ha aggiunto sempre la Schiller nella sua intervista.

Nonostante il numero sempre maggiore di spettatori, il numero di reati di natura violenta all’interno dello stadio, risulta in calo rispetto a due anni fa. Il vandalismo, la violenza o la minaccia contro i funzionari sono anch’essi diminuiti. La maggior parte delle misure sono – UDITE, UDITE! – per la violazione della legge sulla pirotecnica. Dunque la violenza non aumenta, risulta addirittura ridicola da un punto di vista percentuale se rapportata al notevole incremento di spettatori (perché, signori miei, la statistica dovrà pur contar qualcosa in questo porco mondo!), allora che s’inventano in un perfetto e rigoroso Stato di Polizia? Mandano la gente a combattere con un gigantesco apparato burocratico, legale ed amministrativo solo per aver acceso dei fumogeni!
Si è perso davvero il senso della misura, ci si ritrova spesso a pagare prezzi assurdi per degli atti (quali l’accendere un fumogeno) che già per definire “reati” ci vuole davvero un bel coraggio. Tutto ciò a fronte di una sempre più vasta derubricazione dei reati di alto livello, finanziari o politici.

Se le premesse e le esperienze di paesi giudicati fari della civiltà come la Svizzera son questi, prepariamoci davvero a giorni amarissimi allorquando e se mai questa “Black list” sarà operativa al 100% anche in Italia (perché in minima misura già lo è, come possono raccontarvi a Venezia, dove già hanno a che dare con questa lista dei “nemici pubblici n°1”).

Venerdi 22 Febbraio 2013

[Fonte:Matteo Falcone, Sport People]

Sezione:Dal mondo Ultras