Luca Fanesi, padre di due figli, è un tifoso della Sambenedettese che Il 5 Novembre 2017, al termine della gara Vicenza-Sambenedettese, dopo un contatto tra le due tifoserie e il successivo intervento del reparto celere di Padova, viene ricoverato in prognosi riservata all’ospedale San Bortolo della città veneta con 4 fratture craniche ed emorragie interne, che lo hanno ridotto in fin di vita.
La polizia parla nei suoi verbali, nel tentativo di insabbiare l’accaduto, come già successo per altri casi analoghi, di una caduta accidentale su un cancello. Luca, prima di perdere i sensi, ha raccontato invece ai presenti di essere stato preso più volte a manganellate dalla polizia.
Ricostruzione e parole che trovano riscontro sia in varie testimonianze di altri tifosi della Sambenedettese presenti nel momento dell’accaduto, che riferiscono aver visto i celerini picchiare Luca anche mentre era inerme a terra, ma soprattutto trovano conferma nel referto medico del 118 intervenuto subito dopo l’accaduto, in cui c’è scritto nero su bianco “Luca Fanesi ha subito un trauma cranico durante una colluttazione con membri delle forze dell’ordine”.
A smentire in maniera netta la versione della questura non ci sono solo le testimonianze e il referto medico del 118, ma anche il referto clinico che parla di 4 fratture rilevate (1 frattura a decorso longitudinale della mastoide di destra; 2 frattura peritura lambdoidea di destra estesa alla squama dell’occipitale; 3 frattura della squama del temporale di destra; 4 frattura delle ali dello sfenoide di destra e della parete laterale destra del seno sferoidale) assolutamente non compatibili con un colpo derivante da caduta su un cancello (prima versione fornita dalla Questura di Vicenza).
Luca a causa di questa aggressione entra in coma, subendo successivamente 2 delicati interventi chirurgici alla testa. Dopo quasi 4 mesi trascorsi nell’ospedale di Vicenza torna finalmente a casa il 2 Marzo 2018, dove viene accolto dal calore della della sua curva, della famiglia e dei suoi amici. Ma non finisce qui. Il 24 Maggio 2018 a Luca viene incredibilmente notificato dalla questura un daspo di 6 anni, cinque dei quali da scontare con obbligo di firma (revocato successivamente per un vizio di forma dalla Cassazione) in concomitanza delle gare della Sambenedettese. Allo stesso tempo i nomi e i volti di chi ha portato Luca sul letto d’ospedale sono ancora oscuri, nonostante le (tante) testimonianze che riferiscono di percosse delle forze dell’ordine e un referto del 118 che conferma l’ipotesi, nessun poliziotto è finito sul registro degli indagati.
Il 23 Novembre 2018, dopo più di un anno di indagini condotte dalla Digos per conto della Procura di Vicenza che aveva aperto un fascicolo per rissa e lesioni contro ignoti, è arrivata la richiesta di archiviazione da parte dei pm Giovanni Parolin e Barbara De Munari. Richiesta basata su una consulenza medico-legale effettuata senza sbendare la testa (la parte più colpita e danneggiata del corpo di Luca) e senza permettere ai familiari di essere presenti. Cosa che invece gli sarebbe spettata di diritto.
Il 26 Aprile 2019 dinanzi al gip del tribunale di Vicenza (occasione nella quale eravamo presenti), è stata rinviata al 12 luglio 2019 l’udienza in cui il giudice per le indagini preliminari era chiamato a decidere sull’archiviazione del caso.
(Tribunale di Vicenza, “Caduta accidentale, testa contro il marciapiede” perizia Chi ci crede? No all’archiviazione, verità per Luca Fanesi! Venerdì 26 Aprile 2019)
Il 12 luglio 2019 sempre presso il Tribunale di Vicenza, con Noi ancora presenti, è stata svolta l’udienza rinviata ad Aprile.
L’avvocato Fabio Anselmo legale di Luca Fanesi, aveva chiesto di iscrivere nel registro degli indagati gli agenti della reparto mobile di Padova intervenuti all’epoca dei fatti. La famiglia Fanesi sosteneva ovviamente che Luca non si fosse ferito da solo per una caduta accidentale ma che fosse stato colpito dagli agenti. I pm invece nella richiesta di archiviazione parlavano, attraverso una perizia medico-legale di parte, di una caduta accidentale, che avrebbe provocato l’urto del capo col marciapiede.
(Tribunale di Vicenza, 26-4-2019…12-07-2019 oggi come ieri il messaggio è lo stesso, basta abusi no all’archiviazione! Verità e giustizia per tutti! Venerdì 12 Luglio 2019)
La decisione motivata sul caso è stata resa nota dal Giudice per le indagini preliminari di Vicenza soltanto dopo oltre quattro mesi, il 15 Novembre 2019, giornata nella quale uscì il dispositivo del Gip che accoglieva incredibilmente la richiesta di archiviazione formulata dai pubblici ministeri titolari dell’inchiesta.
Di seguito riportiamo le parole della famiglia Fanesi espresse tramite il fratello di Luca, Massimiliano che ha commentato la decisione del giudice così:
“Il decreto di archiviazione contiene tanti e tali errori nella ricostruzione dei fatti e degli atti che non ci consente in alcun modo di mettere la parola fine a quanto successo a Gianluca. Le testimonianze di alcuni tifosi vengono travisate dal Gip per affermare che Gianluca non è stato colpito dagli agenti, quando invece i testimoni hanno semplicemente detto che dalla loro posizione non hanno visto o non potevano vedere. E’cosa ben diversa dall’affermare che molti testi ‘hanno visto’ che non è stato colpito”.
“Il Gip – continua Fanesi – sbaglia anche nel leggere le stesse relazioni della Digos: troppe volte il Gip afferma che determinati testi non sono nemmeno stati individuati sul posto tramite i filmati e sarebbero quindi inattendibili, mentre invece le stesse indagini della Digos li hanno individuati e collocati proprio dove i testi avevano detto di trovarsi. Sbaglia anche e grossolanamente purtroppo quando afferma che noi avremmo individuato Gianluca nel soggetto che nel video avrebbe le mani alzate: nel nostro atto di opposizione abbiamo scritto proprio il contrario, dando anche un nome a questa persona. Peraltro negli stessi termini della Digos che ha compiuto le indagini.
A tacere del fatto che dalle indagini era emerso che Gianluca aveva detto ai sanitari di aver ricevuto una manganellata,circostanza estremamente rilevante che si è scelto di non approfondire senza dare alcuna giustificazione”.
– Di seguito sono riportate le foto di 2 striscioni da noi esposti. Il primo in data 5 Novembre 2019, a due anni esatti dai gravi fatti di Vicenza; il secondo appeso il 15 Novembre 2019 in città subito dopo la notizia dell’archiviazione del procedimento penale da parte del giudice per le indagini preliminari
(5-11-2017…5-11-2019 “processo Fanesi” dopo 2 anni nessun rinvio a giudizio ma solo una richiesta di archiviazione, se sarà confermata sarà l’ennesima vergogna di questa nazione! Verità e giustizia per tutti! R.B.E. 1978)
(“Caso Fanesi” archiviato, nessuno paga ed ogni sforzo della famiglia è risultato vano, questo è l’ennesimo abuso dello stato italiano! Verità e giustizia per tutti! R.B.E. 1978)
Seguiremo questa storia, come fatto in passato con altre, con la speranza che sia portata alla luce la reale dinamica dei fatti e che questa volta sia dato un nome e un cognome al colpevole, a differenza di quanto troppe volte è accaduto in passato.
Viene subito in mente come l’Italia, il 7 Aprile 2015, sia stata condannata dalla Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo, in merito al caso Diaz (definito come la più grave violazione di diritti umani in un paese democratico dal dopoguerra) per il reato di tortura, ancora non previsto nel nostro ordinamento.
Tra gli interventi normativi richiesti al nostro paese c’è l’introduzione dei codici di riconoscimento sulle divise degli agenti in servizio di ordine pubblico. L’Italia è uno dei pochissimi paesi europei a non avere ancora il numero identificativo per gli agenti. Ad anni di distanza dalle direttive imposte dall’Europa il percorso per introdurre questa norma di civiltà, per volere ben preciso della nostra politica, è ancora lungo.
Quanto è misera l’Italia dei due pesi e delle due misure!